Vitruvio Bologna: visite guidate, trekking e spettacoli

Archi-Vitruvio: Dai sotterranei al Delta

DAI SOTTERRANEI AL DELTA

a cura di Francesco Nigro
Perché il Delta? O meglio perché le acque della pianura? Cosa c’entrano con Bologna? Cosa c’entrano con noi?
La risposta sarebbe lunga e sfaccettata, partendo dall’evoluzione storica ed idraulica della pianura per arrivare a stretti legami che difficilmente si possono sospettare e che, in un’esplosione di colori e natura, diventano oggetto delle nostre escursioni.
Seguendo le vie d’acqua bolognesi, abbiamo fatto molto strada, ma, in fondo, si tratta di luoghi a portata di mano, parte del paesaggio che rende così varia la regione. 

Luoghi dal fascino magnetico che frequentavo da studente, quindi da biologo naturalista e dove torno oggi come guida.

Il Parco del Delta del Po Emiliano-Romagnolo si estende su 53.653 ettari, suddiviso in sei stazioni tra le provincie di Ferrara e Ravenna, partendo dalle preziose Saline di Cervia a sud e spingendosi fino al ramo del Po detto di Goro a nord, oltre il quale entriamo nel Parco del Delta del Po Veneto. Nell'insieme una composizione geomorfologica unica che ha determinato il trionfo della biodiversità (solo parlando di avifauna, si superano le 300 specie segnalate) e il riconoscimento del Delta del Po a Riserva della Biosfera nel programma MaB Unesco nel 2015.


Per quanto senza alcun dubbio fondamentali, queste sono parole e numeri.
Abbiamo sperimentato un paesaggio rimodellato, mutato, graffiato dall’uomo e coperto dall’acqua. Mille scoli, canali, argini, valli brulicanti di aironi, piovanelli, chiurli…e in questo la memoria viva di una storia e di una cultura valliva che sconcerta per quanto esotica e vicina.
Abbiamo visto scontri feroci fra elementi inconciliabili e incredibili fusioni fra opportunità umane e naturali, siamo scivolati davanti a decine di fenicotteri, senza che nessuno prendesse il volo, assistito allo spettacolo dell’acqua che lampeggiava di un blu elettrico ad ogni calata di bilancia, assaggiato quanto veniva pescato e fritto sul momento, ospiti improvvisati di pescatori del posto, vissuto increduli l’illusione ottica di un doppio tramonto in angoli opposti dell’orizzonte, camminato lungo lingue di sabbia che si aprivano su distese immobili e surreali, dove acqua e cielo diventano una sola cosa.
Questo è la meraviglia che il Delta, che le acque della nostra pianura riservano a chi non si ferma solo alle parole e ai numeri.

 

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Archi-Vitruvio: dai sotterranei a un cocktail con Marinetti

DAI SOTTERRANEI A UN COCKTAIL CON MARINETTI

a cura di Ines D'Orazio
Come avrai capito dalle esperienze raccontate finora, i percorsi di Vitruvio non nascono solo da conversazioni del gruppo di lavoro in sala riunioni. La scintilla che fa partire un nuovo progetto può essere un’idea, una vecchia storia o un luogo interessante da far scoprire, ma il qualcosa in più lo aggiunge l’esperienza sul campo. Cosa intendiamo? Non la fruizione finale, il risultato di scrittura, comunicazione e prove fatte da guide e attori. Stiamo parlando di sopralluoghi ed emozioni che raccogliamo nei posti che diventeranno teatro di una visita guidata o di uno spettacolo itinerante.

Ognuna delle iniziative in calendario ha una gestazione interessante, a volte complicata, altre volte divertente. Può capitare di dover chiedere tanti permessi per accedere a un luogo e dover aspettare molti mesi prima di poter mettere in pratica un percorso pensato da tempo. Può capitare di dover rimaneggiare il testo di uno spettacolo più volte, prima di calibrare tempo e parole. E può capitare anche che, nel mentre si effettua un sopralluogo, si scoprano “bellezze nelle bellezze”. Chicche inaspettate, che arricchiscano le esplorazioni.
Bologna è piena di sorprese del genere. Passeggiando in via dell’Indipendenza, per esempio, ti sarà certamente capitato di guardare le auto con autista che si fermano davanti al civico numero 8, di fronte il magnifico ingresso del Grand Hotel Majestic “Già Baglioni”. Questo storico albergo bolognese i sorge in un palazzo del XVIII secolo. L'edificio fu realizzato dall'architetto Alfonso Torreggiani per volere di Papa Benedetto XIV, dapprima come seminario arcivescovile. La sua trasformazione in albergo avvenne nel 1912.

Proprio in questa struttura maestosa, che ci ha accolti e aperto le sue porte, Onorina Pirazzoli ha fatto irruzione più volte per mostrare alcune meraviglie. Sapevi che all’interno del Grand Hotel, nei suoi locali sotterranei, è possibile ammirare una sezione stradale di circa dieci metri appartenente a uno dei decumani minori della Bononia romana? O che alcune sale furono affrescate dai Carracci? E che puoi sorseggiare un cocktail in coppetta Martini al Caffè Marinetti, che intrecciò la sua storia con quella del movimento futurista?

caffè Marinetti majestic Baglioni bologna Onorina Pirazzoli

Onorina Pirazzoli ricorda bene quando accadde, com’era da immaginare.
Nella notte tra il 20 e il 21 marzo del 1914 più di 500 visitatori paganti si ritrovarono nei sotterranei dell’Hotel per ammirare le opere di cinque giovanissimi artisti: Giorgio Morandi, Mario Bacchelli, Osvaldo Licini, Severo Pozzati e Giacomo Vespignani. Una mostra che durò appena 24 ore, organizzata da Marinetti, che al Baglioni amava soggiornare. Da quel momento l’allora Hotel Baglioni divenne uno dei quartieri generali del Futurismo.

Questa è Bologna: rimani affascinato da un portico, dall’ingresso prestigioso di un albergo e vieni attirato nell’incanto dalla scoperta.

 

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Archi-Vitruvio: il solaio più incredibile di tutti, il sottotetto di San Petronio

il solaio piu' incredibile di tutti, il sottotetto di San Petronio

a cura di Emilio Pieraccioni
Sempre restando in centro a Bologna, qualche anno fa si prospettò la possibilità di un nuovo percorso che ci avrebbe reso possibile visitare un sito molto particolare. Sempre in alto, sempre all'interno della Basilica di San Petronio, ma al chiuso. Di che luogo si trattava? Dell'enorme solaio della Basilica, il suo incredibile sottotetto. Riuniva in sè un fascino capace di trascendere stimoli e paure, così in alto da causare le vertigini in quei tratti che permettevano la vista sottostante, così angusto in altri passaggi da provocare la claustrofobia, così sproporzionato nelle dimensioni eppur intimo per la sua natura di solaio. Manteneva quell'intimità da rifugio, da nascondiglio. Una fitta trama di passerelle che permettevano l'esplorazione delle travi, una giungla di legno tra le cupole in muratura della basilica e la sua copertura definitiva. Il tetto vero e proprio. Sopra, ma sotto. E anche in questo caso ci si poneva il problema di come strutturare questa visita, che di per sè era già avventurosa e stimolante. Parlare della Basilica e della sua storia era scontato, ma non completamente giusto, dato che la vera visita alla chiesa non l'avremmo unita a quel percorso, dovevano restare due cose distinte e gli argomenti dovevano restare complementari. Quindi quali erano le cose più particolari che solo attraverso quel percorso potevano essere messi in luce? La luce appunto. E di nuovo tornavano le eccellenze di cui si era già parlato nell'altro itinerario. S.Petronio era una scatola cinese di record e di unicità. Da qualsiasi punto la si osservasse, per quello che era e per quello che sarebbe dovuta essere. Scatola, contenitore? Sì, anche. Infatti era ed è ancora, anche la più grande camera oscura del mondo. Ovvero la meridiana con effetto camera oscura, la meridiana indoor diremmo, più lunga che esista con i suoi 66,8 metri di lunghezza per misurare il raggio di luce proveniente dal soffitto e che si estende lungo i pavimenti di marmo della navata centrale. E nel percorso d'ispezione del sottotetto saremmo andati proprio davanti al buco d'ingresso della luce, il buco gnomonico. Che ci permetteva di spiare, come fossimo un raggio di sole il lontano pavimento della basilica, 27 metri più sotto. Quindi avevamo un grande elemento attrattivo che ci portava ad un'argomento molto interessante, la misura del tempo. Che ci portò ad interrogarci anche a come storicamente si era evoluta, ma come anche, con essa si fosse evoluta la percezione stessa del tempo per l'uomo. Fino ad assoggettarlo ad un ritmo sempre più frenetico e preciso. Quindi ecco qual'era il tema portante da seguire, anche questa volta banale nella sua ovvietà, il tempo e la consapevolezza che: Non c'è più il tempo di una volta. Avevamo un altro titolo su cui poter organizzare gli argomenti da raccontare. Facendo ricerche risultò subito evidente di come in passato ogni periodo storico, in realtà, avesse lo strumento adatto per le esigenze allora consuete. Quando il ritmo dell'uomo era governato dalle ore di luce solare disponibile e i lavori dipendevano dall'allevamento e dalla coltivazione per amministrarsi non serviva altro che guardare il cielo. Man a mano che ci si è civilizzati organizzandosi in centri cittadini sono nate nuove esigenze. Dalle ore canoniche dettate dai precetti liturgici al commercio che ci ha costretto ad organizzare il lavoro anche al chiuso, anche oltre agli orari di luce diurna.
Quindi, eliometri, candele votive, clessidre, fino agli orologi meccanici, hanno assolto al compito di scandire il ritmo dei ns impegni evolvendosi e mutando con essi. Addirittura, in epoca romana, non c'erano le ventiquattro ore, ma se ne contavano dodici. Il mezzogiorno e la mezza notte cadevano precisamente a metà del diurno e del notturno, quindi le ore avevano durata variabile a seconda del periodo dell'anno si arrivava ad avere di 75 minuti ed altre di appena 35 per consentire col variare delle stagioni di mantenere questi riferimenti. Oltre alle attività e all'esigenza di sfruttare la luce solare per svolgerle c'era anche la consuetudine del coprifuoco dettato da altre esigenze di sicurezza e che comportava il divieto di uscire. Tutte cose che ai nostri tempi sembrano assurde.
O no?

 

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Archi-Vitruvio: un affaccio straordinario

UN AFFACCIO STRAORDINARIO COME SPUNTO PER UN PERCORSO UNICO

a cura di Emilio Pieraccioni
Uno degli aspetti più interessanti che sta alla base di tante nostre iniziative è il momento in cui si cerca un nuovo percorso. Trovare un luogo sufficientemente attraente che possa valer la pena visitare e che sia perfetto protagonista di una storia degna di essere raccontata. Spesso l' opportunità deriva dalla disponibilità di visitare siti da una prospettiva diversa, unica, come le terrazze panoramiche realizzate sulle facciate della Basilica di San Petronio durante i lavori di restauro. In quel caso l'affaccio straordinario sulla piazza, la vista mozzafiato, giustificavano senza ombra di dubbio la prima regola. Ma proprio la grandezza della sua attrattiva generava l'imbarazzo su come scegliere il tema del racconto. Di che cosa parlare? Anzi, di che cosa, non parlare, tante erano le meraviglie che si estendevano sotto i nostri occhi? Con quale principio tacere una cosa a favore di un'altra dato che non sarebbe stato possibile parlare di tutto? E quale filo conduttore adottare?
Anche in quel caso fu lo stesso problema a trovare la soluzione. Intanto risultava ovvio che una tale meraviglia dovesse avere i suoi tempi di assorbimento, in pratica dovevamo lasciare che ognuno si riempisse gli occhi senza che qualcun altro gli riempisse anche le orecchie. Infatti c'era la tentazione di lasciarla come un'esperienza silenziosa. Contemplativa.
Durante il primo sopralluogo sarei restato lì ben oltre il tempo che ci era concesso, solo ad ammirare, rapito dalla maestosità della visione. Tutta la piazza compresa in un'unico sguardo aereo, Palazzo del Podestà così perfettamente inquadrato e completo da apparire come una miniatura tanto da desiderare di farmelo incartare per portarlo a casa e metterlo sopra al comò. Le torri che spuntavano molto più numerose di quanto non ci si aspettasse dato che alle conosciute si aggiungevano i tanti campanili e le torri che non erano visibili alla base, ma si ergevano sopra i tetti delle case che gli erano state costruite attorno e... insomma, Bologna! Tutto il centro e oltre, con tutte le sue straordinarie unicità. Appunto! Questo appariva e questo era il tema che permetteva di trovare quel filo conduttore per raccontare la nostra storia potendo concentrarsi su una cosa e omettendone tante altre. Bologna! Questo stavamo guardando. E la vedevamo dall'alto, abbracciata in un'unico sguardo con le sue mille peculiarità. Quindi il tema doveva essere Bologna sopra ad ogni altro sotto tema.
Bisognava che, se si parlava delle torri lo si facesse per descrivere Bologna, se si parlava della piazza o delle campane o dei portici lo si facesse con quella prospettiva e non all'inverso. Bologna sopra a tutto, quindi. Il luogo ci ispirò il titolo che ci ispirò il taglio, le eccellenze bolognesi, le cose tra le tante che avevamo sotto il naso, per le quali Bologna era diventata nota e con le quali aveva scritto un nuovo record.
Un titolo che conteneva più dettagli, era Bologna sopra a tutto, perchè vedevamo Bologna da sopra, perchè parlavamo degli aspetti per cui Bologna eccelleva e perché, di tutto quel che si diceva, appunto, era soprattutto di Bologna che si parlava. Così è nato il percorso BOLOGNA SOPRA-TUTTO con finale sul terrazzo delle Basilica di San Petronio.

Qui un video-ricordo:

 

 

 

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Archi-Vitruvio: Gommo...che?

GOMMO...CHE?

a cura di Francesco Nigro
13 maggio del 2012: Una coppia di signori anziani passeggia a braccetto su uno dei ponticelli nella campagna di Bentivoglio, quando, invece dei soliti germani, si imbatte in un gommone con due personaggi a bordo che remano forsennatamente. “Beh e voi dove state andando?” “Al mare” fu l’unica risposta che il fiato concedeva.
Dal Navile al mare a bordo di un gommone a remi...sono passati ormai diversi anni da questa discesa lanciata grazie a Vitruvio nell'ambito della Settimana della Bonifica col prezioso supporto della Bonifica Renana che ci ospitò a Saiarino. Un'idea che nasceva dalla voglia di sperimentare il territorio, seguendo quel canale, il Navile, i cui racconti “improbabili” di marinai d’acqua dolce accompagnavano tante nostre uscite e che si erano accentuati con il lancio del progetto “Urban Rafting Navile”. Suggestioni che non volevamo lasciare alle parole, o alla fantasia, ma, in piccolo e nel limite del possibile, sperimentare per curiosità e per gioco. Colleghi in Associazione, ma anche negli studi in scienze biologiche, io e Michele Bertolucci, entrambi più o meno venticinquenni, fummo chiamati scherzosamente “Gommonauti”. Non ci stavamo preparando per un’avventura, non esattamente. In realtà non ci eravamo preparati per niente. In fondo non avevamo nulla da dimostrare, nessuna sfida o prova sportiva, anzi avremmo ricevuto tanto supporto. Desideravamo concentrarci sugli aspetti naturalistici e sulle turbative ambientali che avremmo incontrato lungo il percorso, ma soprattutto ci interessava la realtà delle vie d’acqua nella loro essenza quasi dimenticata di “via”, con i loro tempi e le loro regole e in questo avevamo il pieno sostegno di Vitruvio.
In quattro giorni e mezzo, con qualche inghippo, una telecamera rotta, un sacco a pelo allagato e sempre meno pazienza, eravamo arrivati al mare a remi a bordo di un tender smontabile che ne aveva passate di tutti colori, fra le lamiere del Navile e gli “sgonfiaggi tattici” per scivolare fra le paratoie. In realtà, giusto per non poter dire di aver tagliato il traguardo, gli ultimi duecento metri li facemmo a spese del primo pescatore motorizzato che incontrammo mentre remavamo fra i bilancioni alla bocca di Casalborsetti, lasciandoci alle spalle le terre dove morì Anita Garibaldi. Eravamo partiti in una giornata di pioggia dalla sede dell’Associazione Vitruvio, al Battiferro, avevamo attraversato il Navile, il Savena Abbandonato, il Reno, quindi volutamente allungato la nostra via fra i canneti delle acque alte della Botte, per fermarci fra le mastodontiche idrovore della Bonifica, non lontano da Argenta, e riprendere il percorso sul fiume, per trovare uno sbocco a mare sul Canale Destra Reno a Casalborsetti. In tutto questo percorso fino a pochi metri dal mare non avevamo mai incontrato nessuno, fatta eccezione per i due increduli passanti dell’inizio e per le persone a cui avevamo chiesto di essere complici nel darci supporto, dove fosse stato necessario. Un’esperienza che ci suggerì nuove possibili progetti, ci fece conoscere gli amici del Giornale del Po e mi avvicinò per un lungo periodo alla squadra del Capitano Georg Sobbe che, ostinatamente, navigava e naviga con soddisfazione le acque attorno Ferrara e alla sua Darsena (quasi) fantasma. Sulla carta ero un marinaio d’acqua dolce (anche se sembra un insulto) per concessione delle Ferrovie dello Stato. Da quanto mi dissero, ero probabilmente il primo ad avanzare tale richiesta a Bologna dai tempi della monarchia. Insomma il Viaggio da Bologna al mare fu un’esperienza diversa, passata, ma da cui ne sarebbero nate tante altre, molte delle quali sono oggi accessibili a chiunque abbia voglia di scoprire in completa tranquillità, con Vitruvio, prospettive e storie diverse delle acque del nostro territorio, da Bologna al Delta del Po.

 

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Archi-Vitruvio: cosa significa raccontare una città?

COSA SIGNIFICA RACCONTARE UNA CITTA'?

a cura di Ines D'Orazio
Vuol dire unire capacità creative, storie e punti di vista interessanti. Io ho scoperto appieno il significato di “citytelling”, buttandomi direttamente nel lavoro con l'Associazione Vitruvio non appena laureata. Sono passata dalle aule universitarie romane al reticolo di strade, vicende e fatti storici di Bologna nel giro di poche settimane, non senza una leggera vertigine d'animo. Pur amando molto i versi di Lucio Dalla (“Gli ho detto che nel centro di Bologna/ Non si perde neanche un bambino”), ho dovuto impegnarmi un po' per non perdermi tra vie, portici e porte.
Con il tempo ho scoperto che la città rossa e turrita aveva molto di più da raccontare di quello che solitamente si ricorda di lei. Ho imparato che per conoscerla davvero bisogna partire dal fondo, da ciò che abitualmente non si vede, attraverso i suoi sotterranei e le vie d'acqua celate sotto il manto stradale, ma anche attraverso il suo vivere quotidiano, fatto di racconti di bottega e tradizioni intime e aneddoti di loquaci zdàure.
Quante riunioni-fiume per trasformare piccole e grandi storie in percorsi da proporre al pubblico, quanti scambi d'opinione per decidere il titolo di uno spettacolo itinerante, quante risate nel tentativo di riprodurre il suono di certe parole bolognesi.


“Lo sapevi che Dante è passato da Bologna? E che un noto professore di anatomia dell'università di Bologna ha a che fare con il romanzo Frankenstein di Mary Shelley? E, ancora, sarà vero che le tagliatelle sono nate in onore dei biondissimi capelli di Lucrezia Borgia?”

Potrei continuare per pagine e pagine con interrogativi di questo tipo e ognuno di essi mi riporterebbe a Bologna, città straordinaria, punto di incontro tra grandi personalità e persone comuni, ognuna in grado di rivelarne carattere e bellezza.

Persino una sosta dal salumiere qui può diventare un'esperienza unica.

 

 

 

 

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Archi-Vitruvio: Come nasce TRA-GHETTO, l'Inferno di Bologna?

COME NASCE TRA-GHETTO, l'inferno di bologna? 

a cura di Gabriele Bernardi
Settembre 2000 Bologna città della Cultura. Viene aperto al pubblico il corso sotterraneo del Torrente Aposa da Piazza Minghetti a Piazza San Martino, grazie a due nuovi portelloni finanziati dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. Veniamo invitati all'inaugurazione riservata alle autorità dall'Ing. Bottino, responsabile di Opere pubbliche del Comune di Bologna e grande appassionato di vie d'acqua. Io (ndr Gabriele Bernardi), l'attrice e l'attore, cercavamo ispirazione dal luogo, per trovare l'idea vincente che consentisse uno spettacolo itinerante in questo tunnel sotterraneo.

Entriamo da Piazza S. Martino. Chiediamo di avvisare chi presidiava l'uscita in Piazza Minghetti. Saremmo stati gli ultimi ad uscire, dovevamo confrontarci e ragionare sui luoghi, doveva attendere il nostro arrivo prima di spegnere le luci e chiudere il portellone. Non sappiamo quanto tempo sia passato, ma ad un certo punto si spengono le luci e rimaniamo completamente al buio con solo sporadici raggi di luce che filtravano dai tombini. Toccando il muretto perimetrale con il piede siamo arrivati al portellone di Piazza Minghetti e abbiamo iniziato ad urlare per farci aprire. Dopo un po' di tempo l'incaricato ci ha aperto giustificandosi dicendo che gli avevano detto che eravamo già usciti.
Gli stimoli erano tanti, il ponte romano sulla via Emilia, le mura di selenite, gli accessi sotterranei al ghetto ebraico, le botole per lo scarico della neve... Come cucire tutto in modo logico? Sopra di noi via dell'Inferno, nel ghetto ebraico. Nasce TRA-GHETTO, l'Inferno di Bologna con Dante Alighieri ispirato dalla zdàura Onorina Pirazzoli. Mi sono riletto tutto l'Inferno cercando punti di contatto con l'idea di spettacolo che stava nascendo. Il primo debutto avverrà poi in forma privata a novembre 2000. 

QUI IL VIDEO 

 

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Onorina Pirazzoli in pillole video

La zdàura Onorina Pirazzoli ci concede delle apparizioni video, con consigli su come passare il tempo in casa, sui libri da leggere e curiosità del passato.

 

 

I libri consigliati da Onorina Pirazzoli

Le idee di Onorina Pirazzoli, zdàura moderna,  per ammazzare il tempo e le mosche: un libro.
Buono per schiacciare insetti e sonnellini.

Il prosciutto veste piada

ProfileGrasso che cola moda e salumi.
Lauretta Vivoli non concede sconti e avanza col suo ritmo martellante senza lasciare intuire una via d'uscita, un fine, una risoluzione. 
Il prosciutto veste piada si lascia divorare in un boccone, ma lascia un po' l'amaro in bocca e le dita unte. 
Lauretta Vivoli si occupa di cucina bioetica responsabile riciclabile e anche taglie forti. Attiva dal 2019 sul suo sito Siamo quello che Mangiamo.

Bidello di vita

ProfileMartino Lasco non è nuovo al romanzo filosofico sottotono.
I suoi consigli, precisi, ma mai fondamentali hanno il pregio di affrontare temi marginali.
Ben lungi dal volere tracciare una via verso l'autorealizzazione, Bidello di vita si occupa perlopiù di mettere in fila alcune regole
quotidiane per gli aspetti più prosaici, relativi unicamente ai momenti di pausa e ricreazione.
In questa edizione, in omaggio, un chilo di segatura.

Rombi Marroni

ProfileFin dalle prime righe rombi marroni arriva subito al dunque.
Grazie alla sua prosa asciutta e crepuscolare Nuccio Diacono stila le sue infinite liste del rimpianto e non lascia dubbi al lettore sulla natura delle sue malinconie. 
Leggendo rombi marroni è impossibile non entrare in sintonia con il tema del racconto. Nuccio Diacono dopo il romanzo di formazione “Crescere a  sproposito” arriva alla maturità stilistica. Rombi Marroni è uno di quei rari libri Instant Classic.
Imprescindibile.

La Raviola Assassina

ProfileUn thriller mozzafiato, indigesto, eccessivo.
Greta Fabbri ci va giù pesante con tutti gli ingredienti del Gran Guignol e impasta una storia per palati forti.
Nell'edizione economica anche senza zuccheri aggiunti.

Le ricette di Nonna Rogna

ProfileChi c'è dietro a Nonna Rogna? Il sofisticato Brand, ormai noto a tutti grazie ai suoi prodotti genuini e di primissima qualità, è l'espressione di una persona reale unica depositaria di ricette, preparazione e invenzione delle mille leccornie?
Scoprilo tra le avvincenti pagine di questa biografia ufficiale con oltre due ricette e tanti, sempre due, consigli utili per portare la tua cucina su un altro livello.
 
 
 
 

Zdàura Moderna: tutti i numeri della rivista

Scopri le tendenze in fatto di moda, i consigli di bellezza, le raccomandazioni degli esperti per una vita sana e per una vita sociale che sia degna di una Zdàura Moderna.
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Speciale TG1

Vitruvio ha accompagnato la giornalista del TG1 Carlotta Mannu a Bologna per realizzare un servizio sui sotterranei e sulle attività turistiche a essi collegati. Una bella occasione per rivedere alcuni dei luoghi celati della città, come ad esempio il Serraglio del torrente Aposa, che negli anni passati in tanti hanno potuto visitare partecipando alle nostre visite e ai nostri spettacoli. Non poteva mancare la zdàura Onorina Pirazzoli
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Lei è la zdàura, la madre di ogni massaia e di ogni donna che abbia sfaccendato per Bologna, da quando le due Torri non erano più grandi di due grissini. Per saperne di più...


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